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Il tic del clic. Lo stordimento dell’editoria nell’era digitale — Publishing Lab

Il tic del clic. Lo stordimento dell’editoria nell’era digitale

Gregorio Turolla

€10

ISBN 978-88-00000-00-0
110 × 180 mm, softcover
176 pagine, italiano
ISIA Publishing Lab, settembre 2016

Questo testo vorrebbe fare un poco luce su alcune questioni che stanno scombussolando l’editoria, di cosa si possa intendere per “rivoluzione digitale” e di come quest’ultima abbia minato meccanismi e vecchie certezze della prima.

Nel 1965 Robert Escarpit, nel saggio “La rivoluzione del libro”, scriveva:

… le cose vanno in fretta nel mondo del libro. In sette anni tutto è cambiato, i libri, i lettori e la letteratura. Le idee più rivoluzionarie sono diventate luoghi comuni, e in ogni paese, sotto ogni regime, molte persone – singoli ricercatori, o gruppi di studiosi – stanno discutendo problemi vitali che solo ieri neppure si ponevano. Il libro economico di massa … è uno di questi problemi. Nelle pagine che seguono non intendiamo risolverlo, ma semplicemente porlo, cercando di aprire qualche strada fra quelle che possono condurre a una soluzione.1

Anche qui si porrà un problema, prossimo a quello di Escarpit, che può essere circoscritto attorno alle criticità derivanti dalla produzione e controllo della parola nella società in rete. È certamente un tema troppo vago e ambizioso per questa sede, ma proprio per questo di profondo interesse, sperando che dalla vulnerabilità delle argomentazioni possa nascere anche un solo dialogo costruttivo. Non pretenderò insomma di trovare o dare proposte per risolvere tali criticità, ma di portarle, discuterle e magari accennare un’idea per il loro sovvertimento. Già quattro anni fa, quando iniziai ad occuparmi dei sommovimenti del mercato di libri e giornali, la sua fragilità non era certo segreta. Chi vi lavorava – al di là di qualche caso – raccontava spesso un presente precario e un avvenire funesto. Oggi, poco è cambiato: le redazioni online procedono a tentoni; quelle cartacee, sospettose e decimate, non procedono affatto. L’Era digitale è, infine, giunta: non più minoritaria e sempre futura ma definita e vigorosa, segnando uno scarto per molte professioni. La cultura e il contesto umano stanno mutando in maniera esponenziale e a tutti, per addattarsi e “prosperare” in questo contesto, viene richiesto di ampliare le proprie abilità. La tecnologia “estende” e “libera” la mente, e allo stesso tempo la “cattura” e la “controlla”. I tremori che stanno scuotendo la filiera editoriale e i suoi modelli rendono perfino incerta la semantica della parola editoria. La stessa definizione di “editore” sta sfumando: editore è l’intellettuale che fa “editoria di progetto”2 o il manager alla ricerca del prossimo bestseller? O piuttosto lo chief executive officer che con il motore di ricerca della sua multinazionale determina ciò che un utente può o non può leggere?

Notes

  1. Robert Escarpit, La rivoluzione del libro, Padova, Marsilio, 1968, p. 11.
  2. L’editore “di progetto” non si pone come obiettivo principale la profittabilità dei suoi libri ma cerca di esprimere attraverso di essi i suoi ideali. Esempio illustre la collana Biblioteca Adelphi: “Furono questi alcuni fra i primi libri da fare che Bazlen mi nominava. Che cosa li teneva assieme? … per farsi intendere, si mise a parlare di libri unici … libro unico è quello dove subito si riconosce che all’autore è accaduto qualcosa e quel qualcosa ha finito per depositarsi in uno scritto”; in Roberto Calasso, L’impronta dell’editore, Milano, Adelphi, 2013, p.15.

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